Diamante
Il diamante è formato da carbonio purissimo, lo stesso elemento di cui è formata la grafite che comunemente troviamo nelle matite.
Nonostante l’identica composizione chimica, questi due minerali presentano caratteristiche fisiche del tutto differenti. Il motivo va ricercato nel reticolo cristallino che risulta assai diverso nei due casi.
Nella scala di durezza Mohs alla grafite corrisponde una durezza 1-2, risultando pertanto un minerale tra i più teneri in natura, al diamante il valore massimo, ossia 10, il minerale più duro esistente in natura; la grafite è un minerale sempre opaco e nero, a differenza del diamante che può presentarsi trasparente e incolore.
Il diamante è la varietà di carbonio di alta pressione: esso cristallizza con pressioni di almeno 50 kbar e temperature superiori a 900° C, come nel magma di vulcani. A pressioni o temperature più basse si forma invece la grafite.
Il diamante, per la sua eccezionale durezza, per lungo tempo è stato considerato talismano dei vincitori e quindi gemma da uomo, gemma che procurava coraggio, ardimento e valore.
Maria di Borgogna fu una fra le prime donne a riceverlo in dono come pegno d’amore e da allora divenne gemma di Venere e simbolo dell’amore.
Diamante in Kimberlte
Smeraldo
Il nome smeraldo deriva dal greco “smeragdos” che significa verde. Lo smeraldo nell’antichità era simbolo di fede e immortalità. Si dice che portasse benefici alla vista.
Lo smeraldo è una pietra generalmente piuttosto fratturata e questo la rende piuttosto fragile. Deve il proprio colore verde erba a tracce di ioni di cromo (come per il rubino), e a tracce di vanadio per le sfumature.
I principali giacimenti sono in Colombia, Brasile, Rhodesia, Sudafrica, India, Tanzania e Russia.
Gli smeraldi di qualità migliore vengono tagliati praticamente sempre in forme quadrate o rettangolari con angoli smussati (ottagonali). Questo taglio è tanto comune che ormai viene definito appunto taglio a smeraldo e serve a porre in risalto il verde intenso e saturo della pietra. Gli smeraldi di qualità inferiore con difetti vistosi vengono tagliati a cabochon. In alcuni casi vengono incisi, in particolare se il materiale ha un bel colore ma con molte fessure e inclusioni.
Bisogna porre attenzione quando si pulisce lo smeraldo, non usando solventi, sostanze alcoliche o ultrasuoni, perché potrebbero asportare parte dell’olio utilizzato nell’eventuale trattamento (il 90% delle gemme vengono trattate mediante oliatura) lasciando dannose lacune superficiali e più profonde nella gemma. E’ consigliabile utilizzare acqua e sapone, e molta cautela nello sfregare la gemma.
Smeraldo non lavorato
Rubino
Le gemme più importanti dal punto di vista commerciale, dopo il diamante, sono il rubino e lo zaffiro, che nonostante l’aspetto così differente, appartengono entrambi alla stessa famiglia mineralogica, il corindone.
Si trovano in natura anche corindoni con colori giallo, arancio, violetto, incolore e verde. Il corindone, se fosse puro, sarebbe totalmente incolore; infatti le tinte del rubino e dello zaffiro sono dovute a tracce di ossidi metallici.
Il corindone è una pietra notevolmente dura, seconda solo al diamante. Il nome “rubino” deriva dal latino “rubeus“, cioè rosso. Il colore del rubino varia in realtà da un rosa pallido, passando per tutte le sfumature di rosso, a un cremisi scuro. Il colore del rubino è dovuto a tracce di cromo.
Interessante il significato che veniva dato nell’antichità a queste pietre: possedere rubini significava dominio, amore e fede.
Giacimenti del rubino si trovano in Birmania, Thailandia, Sry Lanka, Cambogia, Tanzania.
In alto a destra: Rubino lavorato
Corindone var. rubino (India) Foto A. Rodighiero.
Zaffiro
Il nome “zaffiro” deriva probabilmente dal greco “sappheiros” (azzurro) o dall’ebraico “sappir” (cosa più bella). Un tempo si pensava che possedere zaffiri fosse segno di bontà, magnanimità, fedeltà e comando.
Si dice inoltre che lo zaffiro avesse anche poteri terapeutici (apparato visivo e intestinale, arresto delle emorragie, guarigione dalle infiammazioni, contro le punture degli scorpioni).
Giacimenti dello zaffiro sono in Birmania, Thailandia, Sry Lanka, Kashmir, Montana, Australia. Il colore dello zaffiro è dovuto a tracce di ferro e titanio, e può variare da un blu chiaro a un blu più scuro con, talvolta, qualche tonalità verdastra.
Un raggio di luce che penetra in una pietra come il rubino o lo zaffiro si scinde in due raggi. Questo fenomeno si chiama birifrangenza o doppia rifrazione e permette che qualsiasi oggetto osservato attraverso il cristallo appaia lievemente sdoppiato. La lucentezza del rubino e dello zaffiro è vitrea, ma talvolta può tendere all’adamantino. Il valore di dispersione è decisamente modesto rispetto a quello del diamante, e quindi la bellezza del corindone non risiede nei lampi di colori, come nel diamante, ma soltanto nelle sfumature di colore.
In alto a destra: Zaffiro di Ceylon blu
Gioiello in zaffiro Foto P. Rodighiero
Ametista
È chiamata Ametista la varietà di quarzo cristallino con tonalità porpora lilla o malva; si tratta di una gemma dicroica, mostrando una tinta porpora, bluastra o rossastra da differenti angolazioni di osservazione.
Alcune gemme vengono riscaldate per convertire il colore al giallo producendo così il citrino. Le gemme che sono in parte Ametista e in parte citrino vengono denominate Ametrino.
L’Ametista si trova in depositi alluvionali o in geodi. In Brasile vi sono alcune tra le più grandi geodi contenenti l’Ametista. Si rinviene anche in Russia con sfumatura rossastra, in Canada con sfumatura viola, Sri Lanka, India, Madagascar, Stati Uniti, Germania, Australia, Namibia e Zambia.
I materiali di scarsa qualità vengono burattati per farne delle perline; le gemme di colore pallido di solito vengono montate con un castone avvolgente in modo da limitarne la trasparenza. L’ametista è stata imitata con vetro e corindone sintetico.
In alto a destra: Ametista lavorata
Quarzo ametista di Vera Cruz (Messico) Foto A. Rodighiero.
Ambra
Le resine che milioni di anni fa uscivano dalle conifere dei paesi Baltici e dalle piante leguminose di Santo Domingo, catturando strada facendo animaletti, foglie e altri frammenti organici, hanno attraversato le ere geologiche fossilizzandosi e trasformandosi in ambra, materia solida e traslucida di colore dal giallo pallido a bruno rossastro che oggi ha il valore di vera e propria gemma.
Per alcuni il suo fascino è racchiuso nella testimonianza di vita primordiale (insetti, aracnidi, piccoli rettili, fiori, pollini) che conserva nelle preziose inclusioni, per altri, e per la maggioranza delle donne, gli aspetti più seducenti sono il colore, la dimensione, il calore al tatto. Pietra solare, non stupisce quindi l’utilizzo massiccio dell’ambra in gioielleria, con soluzioni sempre più fantasiose.
A destra: Foto di ambra con incluso un insetto
A sinistra: Foto ingrandita di ambra trovata nell’Appennino Emiliano (Crediti: I Minerali d’Italia, Compagnia generale Editoriale, Milano 1978, p. 26)
Perla
La Perla, come l’ambra, il giaietto e il corallo, non è una roccia ma un materiale organico solidificato che si forma nelle ostriche (o in altri molluschi bivalvi) quando un granello di sabbia si infiltra al suo interno. Essendo costituita da carbonato di calcio e da una sostanza organica, la conchiolina, la perla si deteriora molto facilmente. Umidità, calore, acidi e sudore sono particolarmente dannosi. Può avere diversi colori: bianco, grigio, rosa, blu-verde, giallo-crema, nero.
La Perla è nota fin dall’antichità. I Romani la offrivano all’egiziana dea Iside per ottenerne i favori e veniva indossata dai pescatori come protezione contro gli squali.
Secondo una leggenda dell’Oriente antico, le perle sono gocce di rugiada cadute dalla luna e catturate dalle ostriche. Al collo, la Perla è un talismano che consente di capire quando si incontra il compagno giusto. Ancora oggi, in India, le donne portano lunghissime collane di perle per proteggere la gravidanza.
Sognare una perla preannuncia l’inizio di un’amicizia solida e duratura.
La ricerca delle ostriche perlifere da parte delle amah (figlie del mare) e cioè di donne che raccoglievano nei fondali poco profondi di alcuni mari i preziosi molluschi è tecnica ormai completamente abbandonata.
Oggi questi preziosi animali vengono coltivati in opportuni bacini e sollecitati dall’uomo che vi inserisce all’interno un corpo estraneo (generalmente madreperla). I molluschi si attivano immediatamente alla copertura dell’oggetto con uno strato di perlagione che isolerà il corpo estraneo dal mollusco.
A seconda del mollusco e delle acque dove esso vive si ottengono risultati diversi in dimensioni e qualità. Le perle commerciate oggi sono di origine marina o lacustre Le prime a seconda del mollusco e della tecnica utilizzata si dividono in:
Perle di coltivazione giapponese che raggiungono dimensioni fino a 9-9 e ½ mm di diametro
Perle di coltivazione australiane che raggiungono anche i 20 mm di diametro. Queste ultime sono entrate nel mercato solo negli anni ’60 e benché le tecniche di coltivazione siano molto migliorate hanno sempre avuti costi altissimi. La forma e la lucentezza di queste perle può essere varia e conseguentemente la perfezione e la maggiore luminosità ne aumenteranno il valore a parità di dimensione.
Sempre di origine marina sono le perle tahitiane che sono il frutto della perlagione dovuta a molluschi che producono perle di colore variabile dal grigio chiaro fino quasi a nero. Sono anch’esse di dimensioni notevoli come le australiane sopra citate.
Le perle di acqua dolce sono il frutto della tecnica cinese che partita alcuni decenni fa con piccole perle a forma di riso ottenute da molluschi che vivono in bacini lacustri, ha oggi ottenuti risultati sorprendenti. Già da qualche anno i coltivatori cinesi propongono perle di dimensioni straordinarie, perfette o barocche (di forma strana), che hanno invaso il mercato grazie ai prezzi molto più economici. Va sottolineato che le perle d’acqua dolce sono tutta perlagione a differenza delle perle di mare il cui strato deposto dal mollusco supera solo raramente il millimetro. Anche in questo caso il valore della perla dipende dalle dimensioni, dalla perfezione e dalla lucentezza, che solo raramente raggiunge o supera quella di una perla di coltivazione di mare.
A sinistra: Collana di perle
A destra: Perla all’interno dell’ostrica (Pinctada margaritifera) (Crediti: Tiia Monto/Wikimedia Commons Attribution-Share Alike 4.0 International)
Corallo
Meravigliose e portentose erano le proprietà attribuite dagli antichi al corallo: preservava dal demonio e dalle influenze negative. Per il fatto che i coralli siculi erano rossi e appuntiti, si pensava che infilzassero meglio, deviandolo, l’influsso negativo. Nel ‘700 e nell’800 la lavorazione del corallo raggiunse altissimi livelli, specie a Napoli e Torre del Greco, con la creazione di collane, bracciali, orecchini, spille e statuine, cui si aggiunse la produzione dei notissimi cornetti portafortuna.
Il corallo è stato usato fin dalla più remota antichità per oggetti di ornamento, ma la sua natura e la sua formazione sono state per molti secoli un mistero. Poeti e naturalisti antichi pensavano che il corallo fosse una pianta marina che portata alla luce del sole si induriva, assumendo le sembianze della pietra. In realtà il corallo è una formazione calcarea, con quasi il 90% di carbonato di calcio, prodotta da organismi marini, che si sviluppa fino ad assumere l’aspetto di arborescello, di colore prevalente rosso, ma anche rosa o bianco.
A sinistra: Gioielli di corallo
In alto a destra: Coralli
Berillo
CLASSE MINERALOGICA: silicato
FORMULA CHIMICA: Be3Al2[Si6O18]
DUREZZA: 7,5-8
PESO SPECIFICO: 2,6-2,9
INDICE DI RIFRAZIONE: 1,565-1,593
COLORE: verde (var. smeraldo), azzurro (var. acquamarina), giallo (var. eliodoro), rosa (var. morganite), rosso, arancio, incolore (var. goshenite)
GIACIMENTI: smeraldo in Colombia, in Rhodesia, in Brasile, in Russia (in Italia sono stati trovati smeraldi in Val d’Ossola ed in una dolomia delle Alpi Apuane); acquamarina in Brasile, in Russia, in Madagascar, Nigeria, Pakistan, California, sud Africa, Sri Lanka, India, Australia; i migliori eliodori si trovano in Afghanistan, Pakistan e Tagikistan, le migliori morganiti in Brasile.
CENNI STORICI: il nome deriva dal greco beryllos e significa “preziosa acqua blu-verde del mare”; occupa un posto di primissimo piano nella storia dell’uomo sia per le sue varietà d’impiego gemmologico che per l’estrazione del berillio, elemento fondamentale nell’industria moderna.
Smeraldo (Crediti: Guida alla conoscenza delle gemme, Accademia Gioiellieri Padovani, Padova 2003, p. 22)
Acquamarina (Foto di A. Rodighiero)
Morganite (Crediti: Enciclopedia delle Scienze. Geologia – Rocce – Minerali, II, De Agostini, Novara 1983, p. 233)
Eliodoro (Crediti: Enciclopedia delle Scienze. Geologia – Rocce – Minerali, II, De Agostini, Novara 1983, p. 232)
Spinello
Con questo nome si indica l’ossido complesso di magnesio e alluminio, il quale fa parte di una numerosa famiglia di minerali denominati collettivamente “spinelli“.
Tutti gli spinelli cristallizzano nel sistema cubico e hanno la medesima struttura, costituendo perciò una serie isomorfa. I cristalli sono sempre ottaedrici, spesso geminati.
Ha durezza 8 e peso specifico 3.5 nello spinello puro di Mg e Al.
La composizione chimica e essenzialmente data da MgAl2O4; ma Mg è spesso sostituito in notevoli proporzioni da Fe o anche da Mn o Zn; Al è sostituito anche in parte da Fe o Cr.
Lo spinello propriamente detto forma piccoli cristalli ottaedrici incolori o variamente colorati. La varietà ferrifera ha un colore bruno-nero ed è detta pleonasto; quella di colore rosso è detta rubino balascio; quella con colore verde bottiglia o verde nerastro è detta ercinite. Quest’ultima, con formula FeAl2O4, è presente in Valmalenco.
Cristallo di spinello color rosso rubino dalle dimensioni di 2 mm
Kunzite e Hiddenite
La Kunzite e l’Hiddenite sono entrambe varietà del minerale chiamato Spodumene, un silicato dalla composizione chimica LiAlSi2O6.
Kunzite (Crediti: Didier Descouens/Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International)
Hiddenite (Crediti: Parent Géry/Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported)
Topazio
CLASSE MINERALOGICA: silicato
FORMULA CHIMICA: Al2SiO4(F,OH)2
DUREZZA: 8
PESO SPECIFICO: 3,50-3,58
INDICE DI RIFRAZIONE: na=1,607-1,629; ng=1,623-1,637
COLORE: dal giallastro al giallo, giallo bruno, azzurro, rosa, rosa violetto, bruno, arancio-bruno, verdastro, rosso, viola pallido , arancio rosato (topazio imperiale), incolore.
GIACIMENTI: Brasile (Minas Gerais, Ouro Preto), Russia (Urali, Siberia), Giappone, Sri Lanka, Australia, America Settentrionale, Sassonia (giacimento europeo più conosciuto).
CENNI STORICI: è una delle pietre preziose più antiche conosciute, deve il nome all’isola di Topazos nel Mar Rosso dove si trova un’olivina che gli antichi confusero col topazio; al mondo esistono cristalli di topazi giganteschi, uno di 300 Kg è esposto a New York ed uno di 150 Kg a Firenze.
Topazio in matrice
Tormalina
CLASSE MINERALOGICA: borosilicato complesso
DUREZZA: 7,25-1,5
COLORE: verde, nero (shorlite, ricca di ferro), rosa tendente al rosso (rubellite), blu (indicolite). Esistono anche varietà “policrome ” cioè esemplari che presentano zonalità cromatiche diverse da un estremo all’altro del cristallo (fenomeno del pleocroismo).
GIACIMENTI: Brasile, Madagascar, USA, Italia.
Cristallo di tormalina (Foto P. Rodighiero)
Tanzanite
CLASSE MINERALOGICA: silicato di alluminio e calcio
DUREZZA: 6,5-7
COLORE: I cristalli di Tanzanite hanno un distinto plecroismo, nei colori porpora, blu o grigio ardesia in funzione della direzione di osservazione. Ci può anche essere un lieve cambiamento di colore alla luce incandescente che rende la gemma di colore più violaceo. Una varietà massiva di Zoisite di colore verde contenente Rubini e occasionalmente inclusioni di orneblenda scura può essere lucidata e intagliata per creare oggetti decorativi e viene detta Zoisite rubino.
La Tanzanite può essere confusa con lo Zaffiro, riscaldandole alcune varietà migliorano di colore.
GIACIMENTI: La Tanzanite fu trovata per la prima volta in Tanzania.
Tanzanite (Crediti: Didier Descouens/Creative Commons Attribution 3.0 Unported)
Zircone
CLASSE MINERALOGICA: silicato ZrSiO4
DUREZZA: 7 – 7,5
COLORE: bruno-giallo, giallo-bruno, verde-giallastro, bruno-rosso, rosso, blu, nero ed incolore
GIACIMENTI: Norvegia, Pakistan, Russia, Canada (Sudbury, Ontario), USA (New Jersey, Colorado), Brasile (Pocos De Caldas), India e Sri Lanka.
Zircone (Crediti: Rob Lavinsky, iRocks.com – CC-BY-SA-3.0)
Olivina
CLASSE MINERALOGICA: silicato (Mg,Fe)2SiO4
DUREZZA: 6,5-7
COLORE: verde, giallo, giallo-verdastro, verde-giallastro, nero-verdastro, bruno-rossastro, bruno, bianco ed incolore
GIACIMENTI: si può trovare olivina in Italia (Vesuvio), Pakistan, Myanmar, Egitto, Sud Africa, Russia (Urali), Germania, Francia, penisola scandinava, Brasile, Australia, Messico, Etiopia, Canada e Stati Uniti.
Olivina trasparente tagliata
Granati
CLASSE MINERALOGICA: silicati
Costituiscono un folto gruppo di minerali multicolori ben noti e dal caratteristico aspetto tondeggiante “granulare” da cui il nome. Le varietà trasparenti di colore intensamente rosso o verde sono apprezzate pietre da taglio.
I granati sono silicati, con formula generale A3B2(SiO4)3, dove A può essere un elemento bivalente (Ca, Fe++, Mg, Mn++) e B un elemento trivalente (Al, Cr+++, Fe+++, Mn+++ e altri più rari). Per esempio, ANDRADITE, Ca3Fe2(SiO4)3 – GROSSULARIA, Ca3Al2(SiO4)3
La composizione può variare da tipo a tipo e che possono esistere granati di costituzione intermedia tra quelli fondamentali, che sono: piròpo, almandino, spessartite, grossularia, andradite e uvarovite.
DUREZZA: 6,5-7,5
PESO SPECIFICO: 3,4-4,6
COLORE: Nei granati predominano soprattutto i toni del rosso, del giallo e del verde. La lucentezza è in genere vitrea e la limpidezza assai variabile, dato che si possono trovare granati perfettamente trasparenti, translucidi, oppure opachi, come nella maggior parte dei casi.
Granato
Quarzo
CLASSE MINERALOGICA: silicato (può essere anche classificato come ossido) con formula chimica SiO2
DUREZZA: 7 (è un gradino della scala di Mohs)
PESO SPECIFICO: 2,60 – 2,65
COLORE: incolore (var. ialino o cristallo di rocca), viola (var. ametista), giallo e arancio (var. citrino), marrone, nero e grigio (var. affumicato), rosa (var. rosa), bianco (var. latteo); sono possibili anche colorazioni intermedie e casi di policromatismo (cristalli in parte gialli e in parte viola,
GIACIMENTI: premesso che forse l’unico stato senza quarzo è lo Stato del Vaticano, i principali giacimenti sono in Brasile, Uruguay, Canada, USA (Arkansas, Montana), Messico, varie località africane (bei campioni in Madagascar), India, Germania e Russia. Il quarzo può formare cristalli giganteschi: in Brasile è stato trovato un quarzo ialino di 44 tonnellate.
CENNI STORICI: il nome deriva dal termine tedesco quarz anche se l’origine di tale parola è ancora oggetto di dibattito; la storia di questo minerale segue di pari passo quella dell’uomo, basti pensare che è stato il primo minerale impiegato dai primitivi per la costruzione di armi da caccia ed è il minerale da cui attualmente si estrae il silicio, probabilmente l’elemento più importante oggigiorno per tutta l’industria elettronica.
Il quarzo può presentare degli effetti ottici come il cosiddetto gatteggiamento (che dona quattro varietà di quarzo: var. occhio di gatto, di colore giallastro; var. occhio di tigre, di colore giallo-bruno; var. occhio di bue, di colore rosso, rosso-brunastro; var. occhio di falco, di colore bluastro), l’ iridescenza (var. iris), la lattescenza (var. latteo) e raramente l’ asterismo (essenzialmente nel quarzo rosa incluso da rutilo); a volte il quarzo può avere delle inclusioni che lo caratterizzano al punto da fornire ulteriori varietà (le principali sono quarzo fantasma, rutilato, tormalinato e dendritico).
Quarzo occhio di gatto, occhio di tigre e occhio di bue
In alto a destra: Cristallo di quarzo ialino
Agata e Crisoprasio
L’agata è chimicamente uguale al quarzo e si forma per deposito chimico entro cavità tondeggianti (geodi) di rocce laviche e, talora, al centro di queste si hanno belle associazioni di cristalli di quarzo ialino o di ametista.
Anche il crisoprasio è una varietà di quarzo. La tinta tipica del Crisoprasio è il verde mela dovuto a tracce di nichel nel minerale.
Geode tagliata di Agata – Anello con crisoprasio
Opale
È una forma di silice idrata. Nelle sue varietà più pure l’opale è incolore, limpido e trasparente, ma più spesso è lattiginoso, da traslucido fino a completamente opaco; talvolta la silice idrata di origine organogena forma imponenti depositi (la farina fossile prodotta da innumerevoli gusci di diatomee).
Solo alcune varietà di opale vengono utilizzate come gemme dette opale nobile, che è lattiginoso con vivacissime iridescenze, che raggiungono le massime espressioni nell’opale arlecchino, e l’opale di fuoco (più trasparente di quello nobile). Il gioco di luci è dovuto alla presenza di una microstruttura di sferette di silice che producono una interferenza nelle onde luminose, come si può vedere nelle precedenti immagini. I più noti opali provengono dal Brasile e dall’Australia.
Opale di fuoco
Turchese
COMPOSIZIONE CHIMICA: CuAl6(OH)8(PO4)4.4H2O
DUREZZA: 5 – 6
PESO SPECIFICO: 2,6 – 2,8
Il turchese deve il suo colore, che va dal blu intenso al celeste azzurro verde, alla presenza di rame. La varietà più quotata è quella di colore blu intenso. In questa pietra si trovano spesso delle venature di colore marrone e nero dovute ad inclusioni di ossido di ferro o della roccia madre. Viene principalmente lavorato a cabochon, per anelli e collane. I paesi di provenienza più importanti sono l’Iran e gli USA.
Turchese grezzo e lavorato
Lapislazzuli
COMPOSIZIONE CHIMICA: (Na,Ca)8[(SO4,S,Cl)2/(Al,SiO4)]
DUREZZA: 5 – 6
PESO SPECIFICO: 2,7 – 2,9
La lazurite, nota con il nome di lapislazzuli, che significa “pietra azzurra”, è composta di un amalgama di diversi minerali. I suoi colori variano dal grigio azzurro al blu scuro. Talvolta presenta delle macchie di colore giallastro metallico dovute alle inclusioni di pirite. Di solito viene trovata in masse compatte ma talvolta anche in bellissimi cristalli cubici. Il lapislazzuli è una delle pietre preziose più antiche che si conoscano.
Quando è in masse compatte uniformemente colorate in azzurro o punteggiate di granuli piritici, viene lavorata per ottenere bracciali, collane, statuine, sigilli e stemmi.
Il lapislazzuli di miglior qualità proviene dall’Afganistan, i cui giacimenti sono noti e sfruttati fin dall’epoca di Marco Polo. Quelli che provengono dal Cile sono grigio azzurri e meno apprezzati dei primi.Oltre a questi si trovano bellissimi esemplari di colore azzurro scuro in Russia. In Italia sono stati trovati in piccola quantità nel Vesuvio.
Lazurite
Giada
Esistono due qualità di Giada: la giadeite (solfato di sodio e alluminio) e la nefrite (silicato di calcio, magnesio e ferro).
Entrambi i tipi sono caratterizzati da un elevato grado di durezza, sebbene la giadeite sia più dura della nefrite.
E’ particolarmente difficile distinguere i due tipi di Giada. Tuttavia va precisato che con il termine “Giada” si intende la giadeite.
YU o YU-CHI ovvero “quello che può esistere di più prezioso”. Questo è il nome con il quale in Cina viene chiamata la giada, gemma venerata da oltre duemila anni, fusa indissolubilmente alla civiltà cinese, ai suoi riti, ai suoi misteri, alle sue pratiche, alle conoscenze mediche.
Giada non lavorata (Crediti: Immanuel Giel/Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported)
Argento
Nell’antichità l’argento era connesso al culto delle divinità lunari ed era per valore secondo solo all’oro, anche se, in confronto a questo metallo, è in natura molto più comune.
L’argento nativo, cioè trovato allo stato metallico, fu usato già fino dal VII millennio, mentre le più antiche testimonianze di riduzione dei minerali d’argento attraverso la cupellazione si trovano dal III millennio nel Ponto. L’argento veniva per lo più estratto dalla galena argentifera o dalla cerussite (un carbonato di piombo argentifero). Il minerale veniva introdotto in crogiolo in una fornace a circa 1000°C, con immissione di ossigeno. Lo zolfo scompariva e il piombo ossidava formando litargirio (ossido di piombo) e permettendo così di recuperare l’argento metallico.
Fin dai tempi più antichi vennero usate due grandi classi di leghe d’argento: una per oggetti di lusso e rappresentanza, impiegati solamente come simbolo di ricchezza e potere e come investimento e l’altra per oggetti che dovevano effettivamente essere usati e maneggiati.
L’argento è molto duttile e malleabile, può essere colato e lavorato a martellatura, fino a divenire una foglia sottilissima e può essere anche usato per produrre filo ritorto. È inoltre il materiale ideale per lavori a sbalzo di gran pregio, fu infatti impiegato in particolare per vasellame.
Fra gli ornamenti più antichi utilizzati in Etruria, risalenti al IX-VIII secolo a.C., ritroviamo le fibule (fibbie), ovvero i grandi spilloni di sicurezza, comuni in tutta l’antichità, utilizzati per fermare ed ornare le vesti, realizzati anche in oro, argento o unendo differenti materiali, quale ambra ed osso.
Argento (Crediti: Enciclopedia delle Scienze. Geologia – Rocce – Minerali, II, De Agostini, Novara 1983, p. 49)
Oro
L’oro è sempre stato considerato il metallo più prezioso. E’ infatti l’unico metallo giallo e fin dai tempi più antichi veniva connesso al culto solare. Già nell’età del Bronzo esisteva un intenso commercio di oro e gioielli, particolarmente sulle rotte mediterranee provenienti dalle regioni orientali. Gioielli eseguiti nelle più complesse tecniche di oreficeria – filigrana e granulazione – di provenienza prevalentemente medio-orientale venivano esportati in tutto il mondo conosciuto, in particolare dai Fenici.
Il nome greco dell’oro è chrysos e deriva infatti da lingue semitiche: il suo significato dovrebbe essere “metallo giallo”. Nel campo della metallurgia antica sono molti i termini estremamente arcaici che si sono mantenuti attraverso millenni e possono dare preziose indicazioni nelle ricerche metallurgiche.
L’oro si trova in diversi tipi di depositi: fluviali, detritici o in giacimenti veri e propri. I metodi di estrazione usati nell’antichità si adattavano naturalmente al tipo di giacimento. Gli antichi Egizi recuperavano l’oro fluviale dalle sabbie aurifere in forma di pagliuzze e questa tecnica ha ispirato la leggenda del vello d’oro: in Colchide, velli di pecora venivano immersi nel fiume aurifero e la lanolina del pelo tratteneva le pagliuzze d’oro.